17 Maggio 2022
IL CASO. L’avvocato Tizio aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per l’importo di €. 19.350,53 a titolo di compenso per la difesa svolta nei confronti dell’Azienda ospedaliera Alfa.
L’amministrazione ingiunta, però, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, eccependo la prescrizione decennale del credito.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione per intervenuta prescrizione, affermando che il difensore non aveva compiuto validi atti di interruzione, essendosi limitato a sollecitare il pagamento del compenso.
Ricorreva per cassazione l’avvocato Tizio lamentando, in particolare, con il terzo motivo di ricorso, che il Tribunale aveva ritenuto la missiva inviata all’Azienda ospedaliera inefficace quale messa in mora, pur essendovi indicata la volontà del creditore di esercitare la pretesa e pur contenendo un esplicito riferimento al processo nel quale era stato espletato il patrocinio.
Infatti, ha evidenziato che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, è sufficiente la comunicazione del fatto costitutivo della pretesa, non essendo questa soggetta a specifiche formule sacramentali, mentre invece il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che la predetta richiesta di pagamento “non avesse avuto effetti interruttivi della prescrizione in quanto conteneva una generica sollecitazione di pagamento per una serie di cause elencate tramite l’indicazione del nome dei debitori, senza specificare l’importo richiesto, né l’attività svolta o l’inequivocabile volontà di far valere il diritto”.
La Suprema Corte ha precisato doversi escludere “che l’atto interruttivo debba necessariamente indicare l’importo richiesto in pagamento essendo sufficiente anche la mera richiesta scritta di adempimento accompagnata, come nel caso in esame, dall’individuazione del debitore”.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha osservato che “la missiva inoltrata dal difensore .. non si limitava ad indicare il nominativo del debitore, ma individuava anche la prestazione svolta, con la formulazione di un’esplicita richiesta di adempimento: appare, quindi, del tutto apodittica e perciò assunta in violazione dell’obbligo di motivazione, la conclusione della Corte di merito, secondo cui si era in presenza di una semplice sollecitazione non diretta ad ottenere l’adempimento”.
La Corte di Cassazione ha, quindi, cassato l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviato la causa al Tribunale in diversa composizione.